Roma N57686
Foto da sedicidimarzo.org |
È come un marchio. È come il tatuaggio che veniva messo sul braccio ai reclusi nei campi di sterminio nazisti. È come l'etichettatura che si dà alle bestie al macello.
E invece è la targa di quella Renault 4 rossa dentro la quale fu ritrovato il corpo dell'onorevole Aldo Moro. È un marchio, un simbolo; come si direbbe oggi, un logo. Di infamia. Di codardia. O piuttosto di lucida e cinica volontà di lasciare crepare un uomo buono. Un buon uomo delle istituzioni.
Non è un caso che la celebrazione postuma della figura del professore, più che a 40 dal rapimento e dalla morte, diventi possibile perchè figure di spicco del tempo sono venute a mancare.
Li nominiamo?
Giulio Andreotti
Francesco Cossiga
Licio Gelli
Benigno Zaccagnini
Tutta la dirigenza della Democrazia Cristiana di allora. Una buona parte del Partito Comunista di allora. Non possiamo iscrivere, in questo elenco, socialisti della "risma" di Bettino Craxi, che fin da subito si schierarono per la posizione di trattativa con i sequestratori.
Aldo Moro è uno degli uomini che ci ha consegnato la nostra Costituzione. Assieme a Calamandrei, a Terracini e a tutti coloro che ora chiamiamo Padri della Patria. Uno di coloro che ha scritto gli articoli del più alto simbolo di unità di questo paese.
Aldo Moro, però, era soprattutto un devoto servitore dei giovani. Non solo della nostra amata Patria. Ma dei giovani, che vedeva e immaginava già come futuro prossimo di una Italia che stava mutando, di una Italia ancora giovane nella sua anagrafe, ma decisamente matura nelle scelte di schieramento.
Essere un giovane italiano allora, magari studente universitario, significava essere molte volte in prima linea, nelle barricate non solo di pensiero, a volte anche di sostanza. Aldo Moro ne era un custode di quegli studenti. Un garante. Severo con mitezza. Risoluto con garbo. Ma sempre al loro fianco. Molte menti che contribuiscono al funzionamento di questo paese oggi, vengono dalle sue aule. Aule mai disertate da lui. Segno di un rispetto che oggi facciamo fatica a trovare.
Foto da Avvenire |
Rispetto. Quella parola che i suoi carnefici, e badate che non mi riferisco a quelli che hanno tirato il grilletto, ma a coloro che non lo hanno disinnescato, non gli hanno saputo o peggio voluto dare.
Aldo Moro avrei voluto conoscerlo.
Leggete, fatelo per Dio, leggete le sue lettere dal carcere. Leggetele bene. Contestualizzatele.
Poi rileggetele.
Sono ancora più importanti per comprendere quel periodo. Sono il nostro Diario di Anna Frank. Sono Le mie Prigioni di Pellico.
Capirete leggendole che ci sono altre strade per l'impegno in politica. La politica intesa come gesto verso l'altro. La politica come porgere l'orecchio alle istanze di chi non può parlare. La politica che punisce chi impedisce ad altri, al prossimo, di esprimere la propria libertà, che punisce chi sottrae diritti. La politica che parla a coloro che non hanno gli strumenti per capirla.
Questo era Aldo Moro.
Infamia cada su coloro che ne hanno permesso l'omicidio. Anche se sono morti. Infamia cada su di loro.
Foto da Panorama |
La commissione d'inchiesta presieduta dall'onorevole Fioroni, istituita su proposta dell'onorevole Gero Grassi, ha accertato come siano andate le cose. Non è mio compito raccontarvelo. Mio compito è quello di dirvi che si sanno chi fossero i mandanti. Occulti. Certamente. Chi ha sparato per davvero in via Fani. Chi ha occultato. Chi ha taciuto.
Più che celebrare Aldo Moro morto, celebriamo Aldo Moro ancora tra noi. Con i suoi scritti. I suoi valori. I suoi principi saldi e cristallini. Essere Aldo Moro dovrebbe essere un'aspirazione di tutti noi. Ogni giorno. In tutti i giorni.
Per non lasciare a coloro che sono simili, uguali nella specie e nel curriculum, campo libero di appropriarsi del futuro dei nostri giovani, dei nostri figli.
MARCODICHILHAVISTO