Che fine ha fatto Malesani?




Vent'anni fa vinceva la Coppa Uefa (ci tiene sempre a sottolinearlo) ultimo italiano a riuscire nell'impresa: oggi, ottobre 2018, è tristemente senza panchina.
Ecco a voi la storia di Alberto Malesani, ultimo allenatore vincente nell'odierna Europa League (ci tiene sempre a ri-sottolinearlo) oggi ingiustamente dimenticato dal mondo del pallone, colto come da una sorta di amnesia collettiva.
O meglio: ricordato sì, ma dai social. E in una veste per lo più satirica, da giullare.
Per le sfuriate in conferenza stampa, passate alla storia, e certe foto, per così dire, non proprio edificanti. Perché il mondo del Terzo Millennio è così: e non guarda in faccia a nessuno. Che tu sia stato un grande campione, o per l'appunto l'ultimo mister vincente in Uefa ( abbiam già detto che tende a sottolinearlo?), diventato oggi, in quel grande circo che è la rete, una specie di Renato Pozzetto della panchina. In barba questo ad un passato glorioso, che l'ha visto allenare un po' ovunque: dalla sua Verona a Firenze, fino a Parma, Modena e Udine.
Poi l'esperienza in Grecia, al Panathinaikos, dove il nostro raggiunge notorietà continentale.
Il motivo? Quella conferenza stampa, già parte della Bibbia degli appassionati, passata alla storia per frasi come "E ridete, ma che ridete?" o "Cos'è diventato il calcio? Una giungla cazo?", entrate di diritto nell'immaginario comune, facendo scuola sia in termini di linguaggio sportivo che di cabaret.
Perché Alberto Malesani questo indubbiamente è ed è stato: un personaggio sopra le righe, capace di sprigionare simpatia da tutti i pori, e forse destinato, per questo, ad un ruolo di primo piano nel mondo digitale, che di gente dalla risata facile ne è sempre stata alla ricerca.
Mettici poi anche una passione mai nascosta per il buon vino, come ogni veneto che si rispetti: e allora il quadro è completo.
A Bologna l'abbiam conosciuto nella stagione 2010-2011, quando nello sconcerto generale sostituì Franco Colomba, esonerato ad un giorno dall'esordio in campionato.
E' l'anno di Porcedda e di un quasi fallimento a stagione in corso: col Male che però fa il suo, cementificando il gruppo, che pur privo di dirigenza e affini raggiungerà una salvezza insperata. In mezzo anche alcuni squilli (una su tutte, la vittoria a Torino con la Juventus) atti a rendere indimenticabile, nel bene o nel male, una stagione anomala, dalle due facce: perché nel finale il Mollo ordinerà il "rompete le righe" con ancora tre mesi da giocare, per il risultato di una conclusione disastrosa, con alcuni punti in negativo (sconfitta in casa col Cesena e col Bari già retrocesso) che nelle ultime partite non faranno certo mancare mugugni dal parte pubblico.
Che a Malesani importano ben poco, perché già da tempo ha dato la sua parola al Genoa: dove Preziosi lo vuole per avviare un nuovo ciclo, di fatto anticamera del suo declino.
Perché in sintesi a dicembre è già esonerato, anche se ritorna ad aprile riuscendo nell'impresa di farsi ri-cacciare (in seguito a quel famoso 1-4 subito dal Siena in casa, che vedrà il pubblico rossoblù togliere la maglie ai propri giocatori), tentando poi di riciclarsi a Palermo, dove rimarrà giusto il tempo di tre partite ( tre pareggi, ma con Zamparini si sa che è dura), e poi è infine a Sassuolo, nel gennaio del 2014, a prender il timone di una squadra in piena lotta per non retrocedere.
Risultato: 5 sconfitte su 5 partite e ritorno istantaneo di Di Francesco, che porterà i neroverdi ad una tranquilla salvezza.
L'avventura nell'Emilia Neroverde rimane l'ultima tappa, ad oggi, del Malesani mister: che nell'ultimo lustro è decisamente più balzato alle cronache per le sue apparizioni al Vinitaly, o nelle pagine satiriche di calcio ( dove è diventato, per l'appunto, una specie di "santino" della comicità pallonara), che per le sue gesta in panchina, dove oramai pare essere uscito un po' dal giro.
Eppure, nonostante questo, il Male sente di avere ancora tanto da dare al calcio.
Con una carriera lunga un ventennio, e anche di più, a fare da curriculum: come ribadito nell'altra famosa conferenza, quella di Sassuolo. Anche se, oggigiorno, non basta più nemmeno quello.
E quindi cosa rimane? I vecchi trionfi ottenuti col Parma, ma anche la sfuriata di Atene, e il "Mollo, ma che mollo?" ripetuto a mò di disco rotto, e da risentire all'infinito..
Tratti unici di un personaggio "diverso", capace di segnare un'epoca: mosca bianca in un mondo omologato, che nonostante il declino, naturale e comunque fisiologico, rimarrà sempre impresso nell'immaginario comune...

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