Vi chiamò il dovere, trovaste l’orrore, vi sostenne l’amore.



Agli occhi di Graziano e dei suoi compagni d’arme, a quel tempo poco più che ventunenni, quella sera di ottobre doveva apparire come tante altre sere caratterizzate dalla noiosa e faticosa routine imposta dalla vita di leva.
Longarone è un piccolo comune incastonato in una vallata piuttosto stretta e molto suggestiva , a soli dieci chilometri da Belluno.
Come noto, il nove ottobre 1963 non fu una serata come le altre. Alle 22.39 il monte Toc franò, provocando uno dei più grandi disastri nella storia recente del nostro paese.
Immaginate quei giovani ragazzi, che, per età, potrebbero essere i vostri figli, i vostri fratelli o i vostri amici, strappati improvvisamente ai loro scomodi letti, fatti vestire e caricati su una camionetta, ignorando totalmente la destinazione e il motivo di quel brusco risveglio.
Il VII Reggimento Alpini di Belluno arrivò a Longarone verso le due di notte, nel buio più totale, tra le urla e il rumore dell’acqua che scorreva.
L’oscurità non permise ne di operare ne, tanto meno, di constatare quanto successo poche ore prima. Si dispose, dunque, di attendere l’alba a bordo della camionetta su cui erano giunti.
Alle prime luci del sole, l’orrore.
Di Longarone restava qualche brandello di muro e una distesa di fango e morte.
L’acqua aveva spazzato via tutto con una forza inaudita, tanto da portare in superficie le bare sepolte nel cimitero.
Un così triste spettacolo non si addice a dei ragazzi, pertanto, essendo stati i giovani soldati sopraffatti dalla paura e dall’atrocità, venne loro fatta un’iniezione, affinché fossero emotivamente agevolati durante le operazioni.
Qualche anno fa andai a visitare i luoghi del disastro, e Graziano, che per me era semplicemente mio nonno, venne con me. Durante quella gita passò tutto il tempo a fissare quel monte, oggi monco, che, 55 anni fa, spezzò 1’917 vite e forse, in una piccola parte, anche la sua.

Da quando Graziano non c’è più, a testimonianza di quanto avete appena letto, rimane solo un’incisione su una medaglia al valore civile che recita: “ Vi chiamò il dovere, trovaste l’orrore, vi sostenne l’amore”.


Riccardo Nobili

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