Pioli, tu quoque?
di Stefano Brunetti
Allenatori delle giovanili prima (con cui vinse il titolo degli Allievi Nazionali nel 2001) e dei grandi poi, con in mezzo il miglior risultato dell'ultimo decennio, quel nono posto del 2012 capace di segnare un'epoca e porsi ancora oggi come il metro di paragone.
Poi l'addio burrascoso nel 2014, l'anno della retrocessione, e il ritorno al Dall'Ara su tre diverse panchine, Lazio, Inter e Fiorentina, quasi da sempre da vincitore, mai da sconfitto: ecco a voi la storia di Stefano Pioli e il Bologna, un rapporto capace di snodarsi su più decenni, per una serie di corsi e ricorsi destinati ad intrecciarsi e di porsi di continuo l'uno di fronte all'altro.
Perché l'inizio da allenatore, come detto, Pioli lo ebbe proprio sotto le Due Torri (con una squadretta mica male, coi vari Meghni, Della Rocca, Wome e compagnia, che all'epoca promettevano più che bene), dove acquista la credibilità necessaria per il salto tra i "grandi"; nella stagione 2003-2004 è dunque a Salerno, dove guida i campani alla salvezza, anticamera del suo ritorno sulla via Emilia, in quella Modena appena retrocessa che vuol tornare subito in massima serie.
Sfiora i playoff il primo anno e li centra invece il secondo, uscendo solo in semifinale. Da lì eccolo nella sua Parma, in serie A, ma a febbraio salta, causa una serie di risultati negativi.
Si rilancia a Grosseto, dove tra l'altro dà un bella paga al Bologna in corsa per la promozione ( 3-0 netto in Maremma), poi rieccolo a casa, in Emilia, prima a Piacenza poi a Sassuolo, dove fa bene in entrambe le esperienze.
Dopo Chievo e una brevissima parentesi a Palermo ( Zamparini lo caccia via in estate), eccoci infine all'ottobre 2011, quello della chiamata da Bologna, che ha appena esonerato Pierpaolo Bisoli.
Pioli accetta il volo: i rossoblù son partiti male, ma potenzialmente sono una gran bella squadretta.
Di Vaio-Ramirez-Diamanti, roba da leccarsi i baffi; il tecnico trova presto la quadratura del cerchio, portando la squadra ad una tranquilla salvezza, che nel finale arriverà infine a trasformarsi in uno storico nono posto, miglior risultato dai tempi di Guidolin e del campionato a 20 squadre.
Ovviamente confermatissimo a fine anno, assiste alla cessione di Ramirez senza batter ciglio ed a un progressivo indebolimento della squadra che non lascia ben sperare: da qui le accuse di aziendalismo e similari, che certo non sono infondate. Alla sua prima stagione dall'inizio peggiora di poco il risultato finale, 13esimo posto con 44 punti; poi che succede?
Che l'estate successiva diventa l'anticamera del disastro: del trio magico rimane solo Diamanti, al quale vengono affiancati un Rolando Bianchi in caduta e la meteora Cristaldo.
Risultato: a febbraio, dopo un pessimo inizio di campionato, Pioli salta.
A fine stagione il Bologna retrocede e rischia pure di fallire: voci di corridoio dicono che l'ex tecnico non voglia rinunciare al proprio contratto, per fortuna che arriva poi la Lazio a togliere tutti da una situazione, per così dire, potenzialmente imbarazzante.
Nella Roma Biancoceleste fa bene il primo anno (terzo posto con Champions), ma male il secondo (esonero dopo sconfitta nel derby); nel gennaio 2016 torna per la prima volta da avversario a Bologna, dove agguanta un 2-2 clamoroso grazie alle reti di Candreva e Lulic, dopo l'iniziale vantaggio firmato dalla coppia Giaccherini-Destro.
E' poi sulla panchina dell'Inter, dove batte il Bologna due volte: una al Dall'Ara ( con l'unica rete in Italia di Gabigol), la seconda in Coppa, a San Siro, dove ferma i rossoblù ai supplementari ( stesso identico risultato di qualche anno prima).
Poi eccolo a Firenze, l'anno scorso, dove batte il Bologna ancora, sia fuori che in casa.
Al Dall'Ara si gioca in un clima gelido, tipico d'inizio febbraio, con la Fiorentina che passa in vantaggio con un autorete di Mirante, Pulgar che la pareggia e Chiesa che infine la decide.
A conferma, questa, di una tradizione che vede Pioli da avversario come bestia nera del Bologna, già dai tempi sopracitati di Chievo e Grosseto: domenica l'ennesimo capitolo di questa storia senza fine, che certo non farà che aumentare l'attesa per un match che, di suo, non ha certo bisogno di troppe presentazioni.