Quegli esodi al Bentegodi






di Stefano Brunetti

Tutte le strade portano a Verona e precisamente alla metà clivense, vero e propria crocevia degli ultimi vent'anni di storia rossoblù, che più volte dalle parti del capoluogo veneto si è giocato partite di prima importanza, spesso e volentieri alla stregua di finali.
Un esempio? Maggio 2005.
A due partite dalla fine il Bologna è ad un passo dalla salvezza, ma non vince da marzo, e arriva ai piedi dell'Arena in uno stato di forma vicino all'encefalogramma piatto; dall'altra parte un Chievo che ha un punto in meno dei rossoblù, ma il doppio delle motivazioni.
Risultato: quando la partita sembra ormai destinata alle reti bianche, ecco arrivare il guizzo di Mandelli, che segnerà di fatto l'inizio del calvario-retrocessione (concretizzatosi poi nel doppio drammatico spareggio col Parma, sul cui ricordo è in effetti meglio sorvolare).
Tempo due anni ed ecco il Chievo a far compagnia tra i cadetti al Bologna, sul cui campo, per ironia della sorte, è nel frattempo retrocesso dopo lo spareggio col Catania; a marzo 2008 la classifica vede primi i clivensi e secondi i bolognesi, che si sfideranno infine nel big match alla 35esima giornata: da Bologna arrivano almeno in seimila, per il risultato di un esodo d'altri tempi, col Bentegodi rivestito a Dall'Ara con tanti bolognesi in ogni settore.
E sul campo come va?
Bologna in vantaggio con Valiani, a cui risponde poco dopo Pellissier: 1-1 e verdetto rimandato a fine stagione, quando entrambe le squadre otterranno l'agognata serie A ( rispettivamente da prima e seconda).
L'anno dopo poi, in massima serie, ecco un'altra sfida cruciale, ma stavolta  per la salvezza, proprio come nel 2005. I fantasmi dell'ultima retrocessione rivivono dunque in casa Bologna, che giunge a Verona con una squadra a pezzi, una delle peggiori costruite da queste parti. La situazione pare compromessa, ma sotto le Due Torri la speranza è l'ultima morire e si replica così l'esodo dell'annata precedente, aumentando addirittura di qualche migliaio le unità, stanziate sulle 7-8mila circa, roba da capogiro.
Sul campo al Chievo basta un punto per salvarsi, col Bologna che dal canto suo accetta, aspettando al contempo buone nuove da Torino, dove i padroni di casa giocano una sfida cruciale col Genoa.
Al Bentegodi finisce 0-0, ma tutte le orecchie dei tifosi e calciatori rossoblù sono sintonizzate sull'Olimpico Granata, dove nei novanta minuti di gioco ne succedono di tutti i colori: Genoa in vantaggio (Milito), risponde Franceschini, Bianchi la ribalta, pareggio di Olivera ed infine, quando tutto sembra finito, la rete decisiva di San Milito, che fa esplodere i due settori ospiti in rossoblù, quello dell'Olimpico e quello del Bentegodi bolognese, dove si festeggia il goal del Principe come quello di un proprio giocatore.
La salvezza arriverà infine all'ultima col Catania, certificando un' impresa che, di fatto, nacque in quel pomeriggio di fine maggio tra Verona e Torino.
E negli ultimi dieci anni, altri episodi rilevanti? Pochi, nel senso che quella col Chievo diventa per lo più sinonimo di partita noiosa, novanta minuti irritanti che si concludono spesso a reti bianche o con la vittoria clivense; questo almeno fino al dicembre dell'anno scorso, con quel 3-2 rocambolesco ed inaspettato che rimane l'ultimo colpo in trasferta, ad oggi, del Bologna in campionato.
In sequenza: Bologna in vantaggio con Destro (fa quasi senso dirlo), Inglese la recupera, Verdi ( sigh) riporta avanti i suoi e Cacciatore nei minuti finali la pareggia.
Poi che succede? Che lo stesso Cacciatore pochi minuti dopo il goal impazzisce, svenendo davanti al proprio portiere e dando così il via libera a Mattia Destro, che la butta dentro per la seconda volta ( roba da fantascienza, a pensarci oggi).
Fischio finale e tre punti rocamboleschi al Bologna, che espugna Verona per la seconda volta nel giro di poche settimane (dopo l'Hellas) riportando su binari positivi il suo rapporto col Bentegodi, ad oggi ultimo stadio espugnato dal rossoblù, per due volte di fila per giunta.
Domenica, dunque, il ritorno in terra veronese, per rompere il tabù e scacciare via i fantasmi, contro una squadra ultima in graduatoria e reduce da sette sconfitta di fila (e a -1 in classifica per via della penalizzazione). E dunque alla luce del recente passato, quale miglior luogo, per rompere un preoccupante trend, se non proprio il Marcantonio Bentegodi?





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