Cronaca di una trasferta
di Stefano Brunetti
Sabato 22 dicembre: a tre giorni da Natale c'è un derby tutto "made in Emilia" alle porte.
Parma-Bologna, la sfida-simbolo degli anni Novanta, torna infatti a disputarsi cinque anni dopo l'ultima volta (novembre 2013, 1-1), causa fallimento occorso nella stagione '14-'15 ai ducali, artefici comunque di una rimonta straordinaria realizzata in tempi record (…).
Ma senza approfondire ulteriormente il triplo salto parmigiano dalla D alla A, partiamo dall'inizio, con almeno un migliaio e passa di bolognesi in viaggio verso lo stadio "Tardini": nonostante come detto le feste alle porte, un clima rigido da Siberia ed una situazione di classifica certo non delle migliori, il sostegno al seguito del Bologna è di quelli massicci, anche considerando la trasferta non impossibile in termini di chilometri (un centinaio all'incirca).
Di fronte un Parma dodicesimo, potenzialmente con vista Europa, anche se la vittoria manca da un mese: le premesse per una partita scialba, da 0-0 conclamato (spoiler) ci son proprio tutte.
Ma come si raggiunge il centro ducale? Principalmente in treno, il mezzo più comodo (un'ora scarsa, passate Modena e Reggio, ed è fatta), ma tanti arrivano anche in macchina e pullman.
Perché Parma, come tutte le città della Via Emilia, è davvero ad un tiro schioppo: l'altra metà dell'ex ducato (assieme a Piacenza), di cui fu antica capitale per ben tre secoli (dal 1545 al 1859), anche detta "La Piccola Parigi" per via del suo aspetto regale e del suo essere crocevia di arte e artisti.
L'espressione più pura dell'Emilia in odor di Lombardia, certo più incline ad avere come modello Milano piuttosto che Bologna: da qui forse i segni di una rivalità inevitabile, capaci di trascinarsi dal campo culinario (perché gli anolini non son forse la risposta ai turtlèn?) a quello più strettamente socio-culturale, capaci di tradursi nella rivendicazione di una propria autonomia dal capoluogo.
Mettici poi la rivalità calcistica nata nei Novanta ed esplosa a metà anni Duemila con quel famoso playout (sigh) e allora la frittata è fatta.
Ma dicevamo di Parma città: dopo un giro in Piazza Garibaldi, il centro principale (dove la statua del condottiero svetta proprio di fronte allo stand del club gialloblu), è dunque la volta di una visita al Battistero, nella stessa piazza del Duomo, lì dove l'architettura romanica e gotica giungono ad un giusto compromesso; si sente Verdi un po' da ogni parte: Giuseppe (nativo di Busseto, a due passi da qui), non Simone. A pranzo abbuffata di specialità locali, con un bel tagliere a base di Culatello, prosciutto crudo di Parma (eh bè…) ed infine il Parmigiano Reggiano, motivo della discordia (non l'unico) con la vicina Reggio, che certo è sulla falsa riga della lotta tra Bologna e Modena per la paternità dei tortellini (che sono per la cronaca di Castelfranco, in provincia di Mo dagli anni Venti, ma culturalmente bolognese...da qui il carattere infinito e irrisolvibile della contesa).
Comunque il tempo passa, e tra un bicchiere di Malvasia e l'altro si rischia di perdere la bussola presso i vicoletti che ispirarono Stendhal per il celebre libro: morale della favola, il capogruppo chiama all'ordine dirigendo tutta la comitiva verso lo stadio, lontano dal centro giusto una ventina di minuti a piedi; la temperatura, vivibile col sole, crolla improvvisamente al calare delle tenebre (arrivate in tempo record alle 16 e 30).
La vena tranquilla e scanzonata da turisti lascia spazio alla tensione del match, col "Tardini" che si staglia all'orizzonte del lunghissimo vialone che da via Farini porta all'impianto cittadino.
Com'è lo stadio di Parma visto dal vivo? Nel complesso non male, molto all'inglese, stile Reggio Emilia (cioè senza pista d'atletica), con prezzi tutto sommato onesti (20 euro: il vero scandalo è pagare una cifra del genere ad Empoli), vuoto fino a pochi minuti dall'inizio, col pubblico di casa che entra all'ultimo forse via per delle temperature al ribasso.
La coreografia è di quelle imponenti, con un tema ricorrente cantato sugli spalti ("L'Emilia siamo noi"), che certo non può trovare adesione dall'altra parte, dove il fatto di essere capoluogo di regione viene ribadito a più ondate; schemi fissi di una rivalità tipicamente regionale (anzi, di più: della Via Emilia), capace di dar brio e sale ad una sfida sul campo certo insipida, per così dire.
Perchè lo 0-0, come detto in precedenza, è scritto fin dai primi minuti: solo un episodio potrebbe cambiarlo, ma nè il palo d'Inglese, nè la rete annullata a Calabresi riescono a farlo.
Se il bicchiere alla fine è maggiormente vuoto o pieno? Difficile dare una risposta definitiva: perché se da un lato c'è una difesa che regge e tiene inviolata la porta per la seconda domenica di fila, dall'altra c'è una squadra che dal centrocampo in su non solo non riesce più a segnare, ma fatica proprio ad uscire dalla propria metà campo.
Sulla via del ritorno, dunque, l'umore è a metà tra il positivo e il negativo: coi tremori per il freddo preso che non accennano a fermarsi, ma coll' unica ed incrollabile certezza (nonostante il clima avverso) che vederle dal vivo, le partite, è e sarà sempre tutta un'altra storia...