Bolognesi all'Ariston

di Stefano Brunetti

Quanti bolognesi, all'alba della sessantanovesima edizione, hanno partecipato al Festival di Sanremo?
Andiamo a scoprirlo insieme, procedendo per epoche.














Nilla Pizzi


ANNI CINQUANTA
Nel 1951 la guerra è finita ormai da un  pezzo e nel Belpaese si tenta di tornare alla vita di tutti giorni: si è nel pieno del cosiddetto "centrismo", con il boom economico alle porte e una nazione pronta a voltar pagina.
Un certo Pier Busseti, proprietario del casinò di Sanremo, ha l'Idea del Secolo: quella di un festival canoro. Tanto semplice, sulla carta, quanto epocale. L'Italia, da lì in poi, non sarà più la stessa. La prima edizione è ovviamente in tono minore: una rassegna come tante, snobbata inizialmente dalla stampa, che le dedica poche righe, e dall'opinione pubblica in generale.
A posteriori, invece, l'inizio della leggenda.
Certo ben diversa, da come lo conosciamo oggi: col pubblico sistemato nei tavolini, coi camerieri intorno per le ordinazioni, nel pieno stile del cosiddetto "caffè-concerto".
Busseti in un primo momento propone addirittura di far la rassegna su una nave, ma alla fine si opta per il Casinò.
Il 29 gennaio 1951 si comincia: i partecipanti sono tre.
Achille Togliani, il Duo Fasano e una certa Nilla Pizzi.
Chi? Semplicemente la cantante bolognese per eccellenza.
Di nome completo Adionilla, anche se la nonna voleva chiamarla solo Dionilla (con quella "a" messa davanti per un errore all'anagrafe); di Sant'Agata Bolognese, classe 1919: da dove altro partire, se non da lei.
Scusate: Lei.
Tra le prime dive della musica, primissima ad avere un fan-club dedicato: ma soprattutto, la dominatrice delle prime due edizioni di Sanremo.
Nel 1951 la sua "Grazie dei Fiori" sbaraglia la concorrenza, vincendo con 50 voti. Per la cronaca, seconda arriva la stessa Nilla, nel duetto con Achille Togliani (fino agli anni Settanta i cantanti potranno portare più canzoni). L'anno successivo viene bissato il successo, e non solo: la Pizzi è prima, seconda e terza. Un successo completo: unica e prima volta nella storia del Festival.
In totale parteciperà a Sanremo per ben sette volte, per un palmarès complessivo irraggiungibile: due vittorie, quattro secondo posti, due terzi e ben due premi alla carriera.
Semplicemente unica: semplicemente Nilla.
Che nel 1953 però, vede il suo il dominio interrotto: da una ferrarese, Carla Boni, che riaccende anche in campo musicale il derby Bologna-Ferrara (già acceso, in quegli anni, sui campi da calcio).
Nell'edizione dopo, però, il "trofeo" torna sotto le Due Torri: a compiere l'impresa Giorgio Consolini, bolognesissimo, con "Tutte le mamme" (cantata con Gino Latilla) a confermare il dominio tutto bulgnais di quegli anni; nel 1956, mentre a Suez si rischia la Terza Guerra Mondiale e a Budapest i carrarmati sovietici girano per la città, sono Ugo Molinari e Gianni Marzocchi (poi doppiatore) rispettivamente quinto e ottavo, a rappresentare la musica bolognese.
Che certo, nel primo decennio di vita del Festival, fu attiva protagonista.

                                                                  Giorgio Consolini

ANNI SESSANTA
Il nuovo decennio inizia con l'esordio di una giovanissima Mina, anche se sotto le Due Torri, ad interessare maggiormente, c'è la prima volta in assoluto di Germana Caroli, al secolo Germana Mazzetti, bologneisa doc al Festival nel 1960 con "Gridare di gioia"; nel 1964, anno dell'ultimo scudetto del Bfc, non c'è nessun petroniano a Sanremo, ma due anni più tardi sì.
Chi? Un giovanotto di 22 anni, che è in quell'anno è uscito con il suo primo album, "1999", portandone un estratto ("Pafff...bum!), suonato con gli Yardbirds, che in termini di classifica non andrà molto lontano. Curioso, a vedere quello che diventerà di lì a poco.
Se non avete ancora capito di chi si tratta (grave) il nome è Lucio e il cognome è Dalla, al suo esordio assoluto a Sanremo; non gli mancheranno le occasioni di tornarci: l'anno successivo porta "Bisogna saper perdere", che arriva sesta in classifica, dominata dall'inarrivabile Claudio Villa.
Nel 1969, mentre gli strascichi della contestazione infuriano, c'è Junior Magli (al secolo Luigi Pazzaglini) a rappresentare le Due Torri, con la sua "Alla fine della strada".


Lucio Dalla a Sanremo '66


ANNI SETTANTA
Ma veramente fino al 1972 Gianni Morandi non aveva mai partecipato al Festival? Proprio così: il Monghidoro Boy, già in auge dai primi anni sessanta (con i musicarelli e alcune hit immortali come "Fatti mandare dalla mamma") arriva a Sanremo già famoso e maturo con "Vado a lavorare", che arriverà quarta in classifica. Per il Gianni Nazionale è l'inizio di una lunghissima storia, quella del rapporto col Festival, che continuerà fino a giorni nostri nella veste di conduttore; quell'anno c'è anche un altro bolognese a partecipare, quel Lucio Dalla già esordiente anni prima: nel 1971 raggiunge il terzo posto con una delle sue canzoni più famose, "4 marzo 1943" (che in origine avrebbe dovuto chiamarsi "Gesùbambino", cambiata poi dalla censura), mentre l'anno successivo è appena dietro Morandi con un'altra sua opera immortale, "Piazza Grande". Morandi e Dalla, forse tra i più famosi esponenti delle Due Torri in tutto il mondo, sono la perfetti sintesi dell'Italia canora che va formandosi: il cantante e il cantautore, l'interprete e lo scrittore-musicista.

Gianni Morandi per la prima volta al Festival: è il 1972

ANNI OTTANTA
Per la serie "cosa sarebbe successo se...": nel 1980, alle selezioni per il Festival, c'è un gruppo bolognese sui generis, che partecipa con la canzone "Fagioli", titolo strambo e per così dire molto connotativo dell'originalità dei soggetti in questione. Trattasi ovviamente degli Skiantos, la vera novità musicale di quegli anni, che mai andranno a Sanremo, non passando poi le "eliminatorie" (sulla copertina del gruppo, la canzone era segnata come Il piatto forte del XXX Festival) e certo , con Freak e compagni sul palco sanremese, oggi la musica non sarebbe la stessa. Nell'edizione 1981 c'è l'esordio di Paolo Barabani, cantautore e paroliere, nato a Bologna ma cresciuto nel ferrarese, che si segnerà tra le rivelazioni di quell'anno con "Hop hop somarello", mentre nel 1982, pochi mesi prima della vittoria del Mondiale, c'è un ragazzo di 30 anni, nato nel modenese, ma trapiantato a Bologna, che con la sua "Vado al massimo", riscuoterà un successo pressoché nullo. Il nome? Vasco e il cognome non serve dirlo. L'anno successivo ci riprova, ma la sua "Vita spericolata" non raccoglierà maggior successo; farà di sicuro meglio fuori dal palco dell'Ariston, a giudicare dal proseguo della carriera. Nel 1984 c'è l'esordio degli Stadio, gruppo formatosi a Bologna, ma romagnoli di nascita, comunque legati per sempre alla città delle Due Torri: la loro "Allo stadio" (scritta con Luca Carboni, che mai parteciperà direttamente al Festival) arriva ultima, ma in futuro si toglieranno le loro soddisfazioni. Nel 1987, poi, un bolognese torna finalmente a vincere: è Gianni Morandi, che si rilancia dopo anni bui, grazie a "Si può dare di più" cantata con Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri. La perfetta conclusione di un decennio, a suo modo, unico.

1987: Gianni Morandi trionfa assieme ad Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri

ANNI NOVANTA
La Guerra Fredda è finita, il Bologna è tornato in serie A, a Sanremo un bolognese, dopo Gianni Morandi, torna a vincere: non da solo, a dirla tutta, ma col suo gruppo, i Pooh, nati di fatto dall'incontro a Bologna, nel 1962, tra Mauro Bertoli e Valerio Negrini; nella formazione che vince a Sanremo c'è un abitante delle Due Torri, Donato Battaglia, per gli amici Dodi (miglior chitarrista europeo per la rivista tedesca Stern, ad inizio ottanta), parte del gruppo che trionferà con l'eterna "Uomini soli".
E' il quarto felsineo a salire sul podio più alto di Sanremo, dopo la Pizzi, Consolini e Morandi.
Nel 1993 la bolognesità è rappresentata da Andrea Mingardi, che porta la sua "Sogno", tornando anche l'anno successivo con "Amare, amare" ed anche in finire di secolo, facendo da vessillo della canzone bolognese anche nell'ultimo decennio del Novecento.

Andrea Mingardi a Sanremo nel 1993

ANNI DUEMILA/DUEMILADIECI
Il nuovo millennio vede l'esplosione del fenomeno Lunapop, ma né col gruppo né più tardi da solista Cesare Cremonini parteciperà al Festival, risultando tra i pochi big assenti della musica italiana.
Nel 2004 c'è Neffa, bolognese d'adozione, che nei Novanta coi Sangue Misto ha dato di fatto il via alla storia dell'hip hop italiano; arriva a Sanremo da solista, in versione soul, con "Le ore piccole", che si piazza nona.
Nel 2008 nella sezione giovani c'è un certo Daniele Battaglia, figlio di Dodi.
Il mattatore bolognese per eccellenza però è sempre lui: Gianni Morandi, che conduce nell'inedita veste di presentatore le edizione 2011 e 2012, entrambe un successo.
Nel frattempo è scomparso Lucio Dalla, che aveva cantato in una delle sue ultime esibizioni al Festival "Nanì"; un suo brano inedito sarà poi portato da Ron.
Nel 2015 Bologna torna sul podio con Ignazio Boschetto, cantante del trio "Il Volo", che vincono con il brano "Il grande amore", poi ecco nel 2016 gli Stadio, vecchi frequentatori del Festival, che si vendicano di quell'ultimo posto degli anni Ottanta con la vittoria, grazie al brano "Un giorno mi dirai".
E siamo infine all'anno scorso, con il gruppo Lo Stato Sociale che conquista simpatia e affetto del pubblico, grazie alla loro "Una vita in vacanza", con l'esibizione della signora in età avanzata a fare impazzire il pubblico di tutto il Belpaese.
Ed eccoci infine ai giorni nostri: alla vigilia della sessantanovesima edizione di un Sanremo che promette faville, con tanti nomi tradizionali, ma anche diversi nuovi.
Con Bologna, direttamente o non, sempre protagonista.


Lo Stato Sociale a Sanremo '18














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